giovedì 27 agosto 2015



ANTROPOLOGIA DELLA CUCINA E NUTRIZIONE TRADIZIONALE:
PER UNA GLOBALIZZAZIONE DEL PIATTO UNICO *

Nutrirsi è una delle attività fondamentali e cucinare è un termine molto presente nella vita quotidiana. Mangiamo e cuciniamo molte cose durante la giornata e qualità, quantità e finalità del cibo sono tutti aspetti analizzati scrupolosamente negli innumerevoli format sul cibo trasmessi dai canali televisivi. Ma la logica nutrizionale e funzionalistica non fa ombra e depaupera la cucina come arte ed estetica? Cucinare significa caricare un cibo di valori estetici, simbolici, emozionali e relazionali e non solo calcolare l'apporto degli elementi nutritivi e gli effetti sulla salute dell'organismo come oggi si è portati a fare. Occorre allora chiedersi: può esserci un punto di incontro? La scienza dell'alimentazione può incontrarsi positivamente con l'antropologia dell'alimentazione?
Una risposta potrebbe scaturire dall'associazione di due aggettivi riguardanti il cibo: tipico e funzionale. Per tipico si intende un piatto del posto che viene dal passato ed è molto diffuso nel territorio di appartenenza e in quest'ottica il cibo diventa il principale narratore del territorio e racconta le persone, il paesaggio, le memorie di famiglia.  Funzionale é un cibo scelto per un fine come ad esempio aumentare il senso di sazietà, ritardare l'assorbimento di lipidi o carboidrati, rallentare o accelerare processi metabolici di vario genere e tutto questo per il raggiungimento di un equilibrio alimentare che sia armonico con il nostro benessere psicofisico. L'anello di congiunzione tra tipico e funzionale può essere costituito dall'educazione alimentare al piatto unico dei territori,   legato alle varie tradizioni locali, ossia un piatto che racchiuda in sé da una parte l'insieme dei sapori e dei gusti della tradizione locale nelle diverse categorie alimentari (pane, pasta, carne, pesce, verdura, frutta) e dall'altra la caratteristica di raggruppare in una singola portata, nelle giuste quantità e porzioni, i diversi componenti della piramide alimentare simbolo della sana ed equilibrata alimentazione nella scelta giornaliera degli alimenti. Il piatto unico presente oggi sulle nostre tavole é per lo più il risultato di una dieta dissociata (primo piatto a pranzo e secondo piatto a cena), al passo con i ritmi frenetici di una società in movimento che non si ferma a riflettere su come si mangia. Invece il piatto unico del territorio nasce dal cibo come simbolo di appartenenza, dal voler gustare in un unico piatto l'insieme dei valori e dei fattori culturali propri che formano i "buoni" sapori, quelli genuini rappresentati dalle pietanze tradizionali "preparate dalla zia" o la cucina di riciclo, quando il pane raffermo non si gettava e veniva riutilizzato in cucina, la cena di magro della Vigilia o il cibo della festa.
Un esempio di piatto unico locale é rappresentato da quello altoatesino, dove insieme vengono affiancati filetto di maiale, una piccola porzione di verdura e una porzione di patate; oppure vengono serviti contemporaneamente lo spezzatino di fegato di vitello, una porzione di riso scondito e verdure di vario genere; infine un ultimo esempio é costituito dalla bistecca tirolese affiancata da cipolle e patate.
Di esempi ce ne sono tanti sul territorio nazionale e tutti legati agli specifici territori, forse ciò che manca è una sorta di globalizzazione del piatto unico, cioè un filo conduttore visibile che faccia emergere dalle singole realtà locali il fine da raggiungere, ovvero la non contrapposizione tra ciò che è buono e ciò che fa bene alla salute. Se si impara a conoscere e ad avere memoria dei sapori delle nostre terre, può essere possibile anche creare una sinergia tra questi sapori per poterli esprimere armonicamente in un singolo piatto che può rappresentare una fonte di energia positiva per il nostro organismo.
Silvana Cristino
Riferimenti bibliografici:
F. MARANO, Fare a occhio. Antropologia della cucina in Basilicata, Altrimedia Edizioni 2015
C. GRASSENI, La reinvenzione del cibo. Culture del gusto tra tradizione e globalizzazione ai piedi delle Alpi, QuiEdit 2007
C. PAPA, Il prodotto "tipico": una costruzione multilocale, in C. PAPA, Antropologia dell'impresa, Guerini 1999, pp. 137-170.



domenica 19 aprile 2015

FALSE CREDENZE SULL’ACQUA

1. Non è vero che l’acqua vada bevuta al di fuori dei pasti. Al limite, se si eccede nella quantità si allungheranno di poco i tempi della digastione (per una diluizione dei succhi gastrici),ma un'adeguata qauntità di acqua (non oltre i 600-700 ml) è utile per favorire i processi digestivi,perchè migliora la consistenza degli alimenti ingeriti.

2. Non è vero che l’acqua faccia ingrassare. L’acqua non contiene calorie, e le variazioni di peso dovute all'ingestione o eliminazione dell'acqua sono momentanee e ingannevoli.

3. Non è vero che bere molta acqua provochi maggiore ritenzione idrica. La ritenzione idrica
dipende più dal sale e da altre sostanze contenute nei cibi che consumiamo che dalla
quantità di acqua che ingeriamo.

4. Non è vero che occorra preferire le acque oligominerali rispetto alle acque maggiormente
mineralizzate per mantenere la linea o “curare la cellulite”. I sali contenuti nell’acqua
favoriscono l’eliminazione di quelli contenuti in eccesso nell’organismo.

Nei bambini in particolare sarebbe bene non utilizzare le acque oliominerali in modo
esclusivo, ma bisognerebbe alternarle con quelle più ricche di minerali, in quanto una
diuresi eccessiva può impoverire di sali minerali un organismo in crescita.

5. Non è vero che il calcio presente nell’acqua non sia assorbito dal nostro organismo.
Ricerche recenti dimostrano il contrario. La capacità dell’intestino umano di assorbire il
calcio contenuto nelle acque (spesso presente in quantità consistente) è considerata
addirittura simile a quella relativa al calcio contenuto nel latte.

6. Non è vero che il calcio presente nell’acqua favorisca la formazione dei calcoli renali. Le
persone predisposte a formare calcoli renali devono bere abbondantemente e ripetutamente
nel corso della giornata, senza temere che il calcio contenuto nell’acqua possa
favorire la formazione dei calcoli stessi: anzi, è stato dimostrato che anche le acque
minerali ricche di calcio possono costituire al riguardo un fattore protettivo.

7. Non è vero che l’acqua gassata faccia male. Né l’acqua naturalmente gassata né quella
addizionata con gas (normalmente anidride carbonica) creano problemi alla nostra salute,
anzi l’anidride carbonica migliora la conservabilità del prodotto. Solo quando la
quantità di gas è molto elevata si possono avere lievi problemi in individui che già soffrano
di disturbi gastrici e/o intestinali.

8. Non è vero che le saune facciano dimagrire. Le saune fanno semplicemente eliminare
sudore. Lo stesso organismo provvederà a reintegrare prontamente le perdite, cosicché

nell'arco di poche ore il peso tornerà ad essere esattamente quello di prima.

http://sapermangiare.mobi/