VITAMINA D, LA VITAMINA DEL
SOLE
Nei primi decenni del
secolo scorso, prima della scoperta degli antibiotici, la cura con il sole é
l’unico rimedio per malattie come la tubercolosi e il rachitismo. I pazienti
con tubercolosi, mandati a trascorrere lunghi periodi in ambienti assolati, molto
spesso guariscono. Anche i bambini rachitici con deformità a causa della
mancata trasformazione rigida dell’osso, guariscono con l’esposizione al sole. A
metà del Novecento le ricerche scientifiche dimostrano che in ratti, resi artificialmente
rachitici, l’esposizione della cute al
sole e anche la somministrazione di olio di fegato di merluzzo avevano eccellenti
effetti contro il rachitismo. Nel 1922 l’elemento comune al sole e all’olio di
fegato di merluzzo viene identificato e chiamato Vitamina D. Da allora
innumerevoli studi e ricerche su questa vitamina evidenziano il suo ruolo di
micronutriente indispensabile non solo per il metabolismo dell’osso, ma anche
per altre funzioni vitali dell’organismo.
Esistono due forme di
Vitamina D che, pur differendo minimamente per la loro struttura chimica, hanno
un metabolismo simile: la Vitamina D3 o colecalciferolo, contenuta in piccole
quantità in prodotti di origine animale, ma prodotta per la maggior parte nella
cute umana dopo irradiazione ultravioletta a partire dal 7-deidro-colesterolo e
la Vitamina D2 o ergocalciferolo, prodotta solo nei vegetali dall’irradiazione
ultravioletta a partire dall’ergosterolo, e pertanto assunta dall’uomo solo con
la dieta.
La Vitamina D ottenuta
dall’esposizione solare, o attraverso la dieta, è presente nell’organismo in
una forma biologicamente inattiva e deve subire due reazioni di idrossilazione
per essere trasformata in una forma biologicamente attiva. I due processi
chimici di idrossilazione avvengono il primo nel fegato, senza regolazione, che
genera la 25-OH-vitamina D o calcifediolo ed il secondo processo avviene nel
rene, strettamente regolato, che genera la forma attiva di vitamina D chiamata
1,25-OH-vitamina D o calcitriolo.
La principale sorgente
di Vitamina D è costituita nell’uomo dall’esposizione cutanea alla luce del sole
e rappresenta il 90% della vitamina D circolante o in forma di deposito. La
luce solare, nella sua componente di raggi ultravioletti B, è la migliore e più
naturale sorgente di vitamina D ed è proprio la mancanza di esposizione al sole
il fattore più rilevante di una sempre più diffusa carenza o insufficienza di
Vitamina D. Nell’epoca attuale si passa meno tempo al sole rispetto alle
passate epoche storiche, è questa la ragione per cui un numero elevato di persone è carente di
Vitamina D. Questo fenomeno è strettamente legato anche al diffuso impiego di
cosmetici e a distorte informazioni sugli effetti dannosi dell’esposizione
cutanea ai raggi ultravioletti.
La sorgente alimentare di vitamina D è invece
assai scarsa, pochi cibi naturali contengono vitamina D e spesso in quantità
limitate, tanto da provvedere solo al 10% del fabbisogno. I cibi con presenza
di vitamina D sono il pesce grasso (salmone selvatico, sardine, sgombro, tonno
e merluzzo) e i funghi secchi; quantità molto più basse si trovano anche nei
derivati del latte intero e nelle uova.
Oggi la carenza di
Vitamina D è estremamente diffusa. Oltre all’importanza della vitamina D per la
salute dell’osso, recentemente diversi studi hanno suggerito che
l’insufficienza di vitamina D sia associata ad un aumento del rischio per molte
malattie croniche, comprese quelle cardiovascolari, il cancro, le infezioni e le
malattie autoimmuni. Oggi la vitamina D è riconosciuta come pro-ormone con
molteplici ruoli nel mantenimento di uno stato di salute ottimale.
La misurazione della
concentrazione sierica o plasmatica della 25-OH-VITAMINA D TOTALE (D2+D3) è il
più valido indicatore di stato nutrizionale per la vitamina D, conviene
richiederla quando facciamo le analisi cliniche di laboratorio.
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