sabato 31 gennaio 2015



Braccio di Ferro aveva ragione
Infallibile e premonitrice è la saggezza popolare, tanto da ispirare credenze, detti, addirittura cartoni animati, prima ancora delle spiegazioni scientifiche.
Per anni le mamme hanno tentato di convincere i propri figli a mangiare spinaci, con la promessa di diventare forti come Braccio di Ferro.
Sono arrivate le prime conferme scientifiche sulle proprietà degli spinaci, direttamente dalla Svezia, precisamente dal Karolinska Institutet di Stoccolma.
Secondo i ricercatori svedesi, infatti, il nitrato che si trova in alte concentrazioni negli spinaci.nella lattuga e in altri vegetali quali barbabietole rosse e bietole, migliorerebbe il tono della muscolatura.
Dai risultati ottenuti da esperimenti condotti su modello animale, da poco pubblicati sul Journal of Physiology,basterebbe infatti una settimana di alimentazione ricca di nitrato, per aumentare la forza dei muscoli estensori e flessori degli arti murini.
L'esperimento è stato condotto proprio sui topi, i quali hanno ricevuto per 7 giorni dell'acqua contenente una quantità di nitrato pari a quella fornita da circa 250 grammi di spinaci, corrispondenti ad una normale porzione di questa verdura.
Oltre al miglioramento dei muscoli, i ricercatori hanno osservato anche l'aumento di due proteine coinvolte nel controllo dei livelli di calcio necessario per la contrazione muscolare.
A livello umano, assumere nitrato attraverso vegetali a foglia come gli spinaci, aumenta la capacità dei muscoli di sollevare pesi, di effettuare scatti di corsa in salita e accrescere anche la resistenza.
Secondo quanto commentato dal ricercatore leader dello studio, Andrès Hernàndez, " il prossimo passo dell'esperimento consisterà nel verificare gli effetti del nitrato su persone anziane e con problemi muscolari".

L'abstract dell'articolo al link :
http://jp.physoc.org/content/early/2012/06/11/jphysiol.2012.232777.abstract
                                                                    
 da Funiblogs,Università Politecnica delle Marche
 Funiber Fondazione Universitaria Iberoamericana

                                                                           

domenica 25 gennaio 2015


COLON IRRITABILE? 
FAI IL DYSBIO CHECK
Parlare di colon irritabile è diventato molto frequente, soprattutto per conoscere le analisi per diagnosticarlo. Molti sono i sintomi legati al colon irritabile (diarrea o stipsi, irregolarità intestinale, gonfiori e tensioni addominali, flatulenza e aerofagia, emicrania e stanchezza cronica, ma anche altro), fra le cause non vanno sottovalutati i ritmi frenetici e gli stili di vita stressanti.

Recentemente nello scenario scientifico degli interrogativi su come collegare causa ed effetto nella sindrome del colon irritabile, si è posto l’accento sul parametro della microflora batterica intestinale e sulla valutazione della sua alterazione, ossia la Disbiosi  intestinale. La microflora intestinale è un insieme di microrganismi presenti nel lume intestinale i quali, se convivono in equilibrio, contribuiscono allo stato di salute dell’organismo.

Ogni giorno la pubblicità ci ricorda quanto sia importante il normale equilibrio della microflora in cui dovrebbero prevalere i batteri amici dell’organismo che ostacolano la proliferazione dei batteri patogeni nemici. I batteri amici migliorano la funzionalità della mucosa intestinale e, di riflesso, la salute dell’intero organismo.

Lungo il tratto digestivo staziona un’enorme quantità di batteri, tanto da costituire un vero e proprio organo, il microbiota. La microflora comincia a svilupparsi nel neonato, quando viene a contatto con i batteri provenienti dal tratto genitourinario della madre  (lattobacilli e streptococchi). Il tipo e il numero dei batteri intestinali contribuiscono a determinare lo stato di benessere o malessere dell’apparato digerente e dell’intero organismo, ecco perché sono importantissimi.

Per valutare l’alterazione della microflora batterica intestinale, la disbiosi intestinale, c’è oggi il Dysbio check. E’ un test indispensabile per trovare le risposte a problemi e disturbi intestinali che perseguitano molte persone. Il Dysbio check è un test che valuta l’alterazione qualitativa-quantitativa della microflora dosando a livello urinario i metaboliti del triptofano (indicano e scatolo) prodotti in eccesso dalla cattiva flora disbiotica.
Questo significa che attraverso un semplice campione di urine con il Dysbio Check si può individuare, con un metodo indiretto, eventuali anomalie nello stato di equilibrio della flora intestinale. In questa maniera si ha la possibilità di correggere le alterazioni che irritano il colon con la giusta integrazione a base di probiotici e prebiotici, oltre che con uno stile di vita più corretto e meno stressante, con le giuste scelte alimentari e con una corretta attività fisica.


domenica 18 gennaio 2015




MANGIARE  BENE NON E’ PECCATO
Il più delle volte seguire una dieta è sinonimo di privazioni e di cucina monotona e ripetitiva. Seguire un piano alimentare prestampato o redatto al computer diventa un obbligo spiacevole perché legato ad una determinata patologia e per ciò destinato ad essere abbandonato quanto prima possibile. Basti pensare a quante persone in sovrappeso e a quanti diabetici, seppure inizialmente pervasi da scrupolosa attenzione, finiscano per trascurare i freddi schemi dietetici che ignorano la legittima attenzione per il gusto e per le sane tradizioni alimentari.

E’ proprio qui il problema: la convinzione che una dieta non rispetti gusto e olfatto ma, se pur personalizzata, sia univocamente e strettamente legata al raggiungimento di un risultato ossia dimagrire. E per dimagrire bisogna soffrire.

Nell’elaborazione di questo pregiudizio rientrano diversi fattori: l’accezione negativa del termine dieta; il fatto che l’offerta alimentare sia concepita solo per tacitare lo stimolo della fame, non importa con che cosa, purché subito e spesso nei pressi del posto di lavoro; il binomio più mangio e più mi sento bene perché sono stressato e devo rilassarmi gratificandomi mangiando senza regole ed altro ancora.

Il concetto del mangiare poco e bene legato ad assaporare e gustare meglio ciò che si mangia non si capisce fino a quando non ne hai fatto esperienza diretta. Contemporaneamente la prevenzione e la dietoterapia delle patologie legate al sovrappeso dovrebbero recuperare l’interesse per il sapore e la piacevolezza dell’atto alimentare.

E’ interessante osservare che anche la letteratura scientifica ha valorizzato il ruolo di un pasto gradito rifacendosi a un potenziamento delle difese immunitarie a livello del cavo orale e del tratto gastrointestinale; sembra che le sensazioni piacevoli possano stimolare positivamente l’immunoprotezione per diverse ore, confermando le vecchie intuizioni popolari su quanto l’allegria, il piacere e la serenità possano contribuire a proteggerci dalle malattie ( “ il riso fa buon sangue” , “ ridi che ti passa” ).


Quali sono, allora, le regole giuste del mangiare bene? Riscoprire il gusto, la genuinità dei prodotti tipici della tradizione, educare i più giovani a riconoscere e apprezzare gli aromi e i gusti che i prodotti commerciali e il fast food rischiano di cancellare.

venerdì 16 gennaio 2015




CIBI “IN PROGRESS”: IL  KEFIR
Il kefir è una bevanda ricca di fermenti lattici e probiotici ottenuta dalla fermentazione del latte. E’ cremoso, omogeneo e dalla consistenza gradevole , con un gusto fresco leggermente acido e un aroma dolce. E’ originario del Caucaso ed è molto popolare in Russia e in Armenia, oggi è conosciuto anche in Italia. Contiene circa lo 0,8% di acido lattico e a secondo delle diverse modalità di fermentazione può avere un piccolo contenuto di CO2 e di alcol dovuti entrambi ai processi fermentativi dei lieviti. Il termine kefir deriva dalla parola armena keif e significa benessere.
Il kefir tradizionale è preparato utilizzando latte fresco (di vacca, pecora o capra) e i fermenti o granuli di kefir formati da un polisaccaride detto kefiran che ospita colonie di batteri e lieviti in simbiosi naturale. Nei granuli di kefir la microflora specifica isolata è costiuita da lactobacilli, streptococchi, lactococchi, acetobacter e lieviti.  
I fermenti di kefir sono utilizzabili anche per fermentare altri liquidi contenenti zuccheri,  come il latte di soia o riso e l’acqua con l’aggiunta di zucchero, frutta o altri aromi.
Oltre a numerosi ceppi di lieviti e batteri benefici, il kefir è ricco in vitamine, minerali ed aminoacidi.
E' ricco di acido folico, vitamina B12, vitamina B1 e vitamina K. E' inoltre un'ottima risorsa di biotina, un tipo di vitamina B che aiuta ad assimilare altra vitamina B.E' una fonte di calcio, magnesio e fosforo.
E' un buon prodotto alimentare per i soggetti intolleranti al lattosio , perchè ricco dell'enzima lattasi
ed è povero di lattosio in quanto con la fermentazione ne viene idrolizzato circa il 30%.
Il consumo quotidiano di kefir aiuta a regolarizzare le funzioni dell'apparato gastrointestinale, contrasta l'insediamento di batteri patogeni e stimola la produzione di anticorpi migliorando le difese immunitarie.
In sostanza, è un autentico filtro magico per la giovinezza perenne.   

martedì 13 gennaio 2015



 GUIDA E ABUSO DI ALCOOL : GLI ESAMI DI LABORATORIO PER RIOTTENERE LA PATENTE

Negli ultimi anni l’O.M.S. (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha piu’ volte segnalato che l’abuso di alcool  deve essere considerato un problema prioritario di Sanità Pubblica in quanto rappresenta un fattore di rischio per l’individuo e per la società con forti ripercussioni sulla sicurezza. L’assunzione cronica di bevande alcoliche è in costante crescita soprattutto tra i giovani (secondo l’ISTAT il 78% dei ragazzi italiani tra i 18 e 27 anni fa uso di alcolici e ancora il 61% dei ragazzi tra 15 e 17 anni assume alcool).
 Si  moltiplicano, soprattutto a carico delle nuove generazioni, gli incidenti stradali, ormai non solo del sabato sera, provocati dalla guida in stato di ebbrezza.  
La prevenzione e il controllo dell’abuso alcolico richiedono la disponibilità di indicatori analitici specifici in grado di discriminare in termini efficaci il consumo moderato di alcool dall’abuso legato a conseguenze negative sul piano sanitario, familiare, sociale e professionale, oltre che illecito in determinati contesti come ad esempio il divieto di guida in stato di ebbrezza o per i neo patentati e i guidatori professionali il divieto di guida con sospensione della patente dopo aver consumato bevande alcoliche.
La Medicina di Laboratorio sta assumendo un ruolo rilevante sia per controllare l’abuso acuto attraverso la misurazione dell’alcolemia, sia per verificare l’abuso cronico e individuare i forti bevitori, controllare se un alcolista in terapia si mantiene astemio, riconoscere le epatopatie di origine alcolica e valutarne lo stadio.

Il test di laboratorio della CDT (Trasferrina Desialata o trasferrina carente di carboidrati) sul sangue è  un esame che viene utilizzato per scopi medico-legali, quali il rinnovo della patente di guida in seguito ad una sospensione ed il rilascio del porto d’armi, per rilevare l’abuso di sostanze alcoliche e per il monitoraggio dell’astinenza alcolica in soggetti in trattamento terapeutico. La CDT è una glicoproteina prodotta  dal fegato e deputata al trasporto di ferro. Rispetto ai marcatori tradizionali di abuso cronico (GGT, MCV, Transaminasi) la CDT ha una specificità maggiore (intorno al 95%) e non è soggetta a variazioni causate da altre alterazioni dovute a farmaci, diabete, obesità, epatopatie e disordini ematologici. I falsi positivi derivano da carcinomi epatici, cirrosi biliare primitiva e sindromi congenite di varianti genetiche della trasferrina.


Quindi il dosaggio della CDT rappresenta il marcatore di abuso alcolico per eccellenza, sia in termini di sensibilità che in termini di specificità. Diversi studi hanno dimostrato che consumi superiori a 50-80 grammi di etanolo al giorno (60 grammi di alcol corrispondono approssimativamente ad una bottiglia di vino e a più di un litro e mezzo di birra) per almeno una settimana inducono un innalzamento dei valori di CDT. Sono necessari 10- 15 giorni di astinenza alcolica prima che la concentrazione di CDT nel sangue si dimezzi, con una normalizzazione dopo 2-4 settimane.
analisiclinicheagostiniroussier.it

domenica 11 gennaio 2015




IL TONNO ROSSO AIUTA IL TUO CUORE
Da sempre il consumo di pesce è associato alla riduzione del rischio cardiovascolare nelle popolazioni che ne fanno un largo e continuo uso. I primi studi che provarono questa correlazione furono condotti sulla popolazione eschimese e portarono a identificare gli Omega 3 come i maggiori responsabili degli effetti benefici e salutistici del consumo di pesce. I dati dimostrano e confermano che due porzioni di pesce per settimana producono effetti protettivi sullo stato di salute del sistema cardio-circolatorio.
Il tonno è tra i pesci più utilizzati nell’alimentazione e il tonno in scatola è un alimento molto diffuso in Italia: c’è quello che “ si taglia con un grissino”, quello dei “170 grammi di bontà in olio di oliva”, quello “più buono,energia da gustare” e quello “ esibizionista di bontà”. E’ ancora molto diffusa la convinzione che il tonno provenga dai mari italiani e che le “tonnare” siano una realtà ancora dinamica, ma non è più così. Il poco tonno ormai presente nel Mediterraneo, che si cerca di preservare anche con il fermo della pesca, è il Tonno Rosso (Thunnus thynnus) noto anche come “pinne blu”. Oggi è a rischio estinzione perché particolarmente richiesto dai giapponesi che sono disposti a pagarlo molto. Il più apprezzato per il gusto maggiormente delicato e il più utilizzato per essere inscatolato e commercializzato in Italia, è il Tonno a “pinne gialle” (Thunnus  albacore) pescato nelle calde acque tropicali e subtropicali di tutti gli oceani.
E’ il tonno rosso che fa bene più degli altri ed é considerato tra gli alimenti che migliorano lo stato di salute dell’organismo.
Il tonno rosso si caratterizza per un contenuto in grassi “utili” per il nostro sistema cardiovascolare di circa 80 volte superiore a quello del tonno a pinne gialle ed inoltre ha un contenuto di circa il 30% in meno di grassi totali rispetto allo sgombro e alla sardina.
Il tonno rosso costituisce quindi una promettente alternativa agli integratori alimentari e ai farmaci a base di acidi grassi Omega 3 per diminuire il rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari.
Il tonno rosso è un pesce “magro” rispetto agli altri tipi di pesce come sgombro, sardina e salmone che invece sono considerati pesci “grassi” dato che contengono una maggiore percentuale di  grassi saturi che provocano danni all’apparato cardio-vascolare. 
Il tonno rosso è un "tesoro" per la salute.

giovedì 8 gennaio 2015



PER CHI MANGIA DIFFERENTE
Quante volte leggiamo “qui si vendono alimenti per celiaci” o “ mozzarelle senza lattosio” o “in questo ristorante menu per vegani” o  cose simili ; tutto questo è lo specchio delle diversità alimentari: c’è il celiaco, il vegano, l’intollerante al lattosio, il vegetariano, ma come soddisfarli tutti?

E’ nata nel maggio 2012 una food community per chi mangia differente ossia allergici, diabetici, intolleranti, colesterolemici, ipertesi  e tutti quelli che per scelta o per obbligo devono escludere alcuni alimenti dalla propria dieta.  Flavia Giordano e Lorenza Dadduzio sono le  fondatrici di “Cucina Mancina”, mancina perché dicono le fondatrici del sito “il mancino è colui che si distingue dalla norma, che cerca soluzioni fuori dagli schemi”.

Il sito www.cucinamancina.it  è un portale multifunzione: si può variare o rifare una ricetta postata dai food blogger adattandola alla propria “mancinità” attraverso i filtri “senza” e “con” ossia senza glutine, con pochi grassi, senza lattosio, con poco sodio, senza uova, con pochi zuccheri, senza soia, con verdure. Si può rintracciare velocemente il ristorante o negozio più vicino dove poter mangiare o procurarsi i prodotti legati alla propria “mancinità”; si può condividere uno stile alimentare differente anche con il “curioso alimentare” ossia colui che vuol provare a mangiare diversamente perché attratto da nuove combinazioni di sapori.

 Insomma “Cucina Mancina” ha arricchito la vita dei mancini proponendo uno spazio in cui incontrarsi e vivere il cibo come momento di aggregazione e questo fa bene al fisico, al gusto, ma soprattutto alla mente.

lunedì 5 gennaio 2015


I prodigi terapeutici del miele

Sin dall’antichità il miele è stato utilizzato con successo in medicina, ma solo negli ultimi decenni è stato riscoperto il suo ruolo terapeutico in varie patologie.
Nell’antichità i guerrieri con ferite ed ustioni molto gravi venivano medicati utilizzando una amalgama di miele e latte coagulato applicata sulle lesioni con una benda di cotone.
Una mistura simile fu usata dai Romani, dalle tribù africane, dagli Indiani d’America e dalle popolazioni rurali del sud degli Stati Uniti. Il miele è molto utile nel favorire la cicatrizzazione delle ferite avendo capacità antibatteriche riconosciute.
Oggi il suo uso in ambito chirurgico è fortemente raccomandato come applicazione locale nelle ferite postoperatorie e risultati simili sono stati dimostrati anche nel trattamento delle ustioni. In particolare l’uso locale del miele concentrato ha portato ad una più veloce scomparsa dei batteri patogeni riducendo il periodo di terapia antibiotica e di degenza (la limitazione per tutto ciò è legata alla effettiva sterilità delle preparazioni e il suo uso deve essere validato dalle linee guida mediche ufficiali).
Vi sono, inoltre, conferme scientifiche della sua attività antinfiammatoria ed immunostimolante. Alcuni tipi di miele, derivati da particolari fiori dell’Australia e della Nuova Zelanda (leptospermum spp), hanno forte attività antinfiammatoria e sono stati approvati nel commercio come miele terapeutico (Medihoney e Manuka honey).
Il miele ha moderati effetti antitumorali e pronunciati effetti antimetastatici e la valutazione sperimentale delle sue proprietà antitumorali è stata testata sui tumori dei ratti.
E’ inoltre un valido trattamento per la tosse e le difficoltà respiratorie in bambini con infezioni delle vie aeree superiori.
Anche per l’igiene dentale è raccomandato il miele: l’uso di chewingum al miele tre volte al giorno dopo i pasti principali riduce lo sviluppo della placca e delle gengiviti.
L’uso terapeutico del miele si estende anche alla dermatologia: l’utilizzo di misture contenenti miele, olio di oliva e cera d’api appare molto efficace nel trattamento delle dermatiti e della forfora se effettuato ogni giorno per almeno quattro settimane, in quanto associa all’effetto antibatterico quello antifungino ed antiossidante.
L’uso sistematico del miele consente di curare l’infezione da Helicobacter Pylori spesso resistente agli antibiotici.
Nei pazienti diabetici il miele è un valido sostituto delle zucchero in quanto l’indice glicemico del miele è inferiore a quello del glucosio.

venerdì 2 gennaio 2015

Analisi cliniche dopo le feste natalizie?



Il corretto comportamento del paziente prima di un prelievo di sangue contribuisce in modo rilevante all'accuratezza dei risultati delle analisi cliniche.
L’alimentazione è un fattore determinante nella preparazione agli esami del sangue.
Nei giorni precedenti il prelievo è importante seguire un'alimentazione sobria, evitando gli eccessi, soprattutto di alimenti grassi che possono aumentare notevolmente i trigliceridi e la torbidità del sangue ed evitando anche gli zuccheri semplici  che tendono ad elevare la glicemia. Inoltre un esagerato consumo di carne può determinare un rialzo dell’ azotemia.
E’ quindi opportuno sottoporsi ad un check up di analisi  dopo un periodo di circa due settimane dalle feste natalizie, per evitare che gli eccessi alimentari falsino gli effettivi risultati delle analisi cliniche.